Crisi industriale in Europa: il caso della fonderia Rheinwerk

Neuss, Germania – La fonderia di alluminio Rheinwerk, un tempo tra le più grandi d’Europa, ha cessato la produzione primaria nel 2023 a causa degli elevati costi energetici. Tuttavia, l’impianto non ha chiuso del tutto: ora è stato riconvertito in un centro di riciclo, producendo alluminio da rifiuti anziché da materia prima.
La transizione è stata guidata da necessità economiche e ambientali. Secondo Volker Backs, amministratore delegato di Speira, la società che gestisce la fonderia, il riciclo è la strada per il futuro. “Non potevamo più sostenere la produzione tradizionale, ma puntiamo su soluzioni sostenibili”, ha dichiarato.
Il caso Rheinwerk è simbolico della crisi più ampia che l’industria manifatturiera europea sta affrontando. Con l’aumento vertiginoso dei costi energetici dopo l’invasione russa dell’Ucraina, molte aziende devono scegliere tra riconvertirsi o chiudere. Settori strategici come l’acciaio e il cemento rischiano di essere spazzati via dalla concorrenza globale, soprattutto dalla Cina.
Mercoledì, la Commissione europea presenterà il Clean Industrial Deal, un piano per ridurre i costi energetici e incentivare gli investimenti. Tuttavia, rimane aperta la questione più spinosa: quali settori industriali salvare e quali lasciare morire?
Questa transizione determinerà non solo il mercato del lavoro europeo, ma anche la sua autonomia strategica: da dove arriveranno l’acciaio, il cemento e l’alluminio necessari per le infrastrutture e la difesa? Come ha sottolineato l’esperto Domien Vangenechten, “non si può salvare tutto”.
L’Europa è a un bivio: investire nel futuro o rischiare la deindustrializzazione?
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