Roma – Ammetto, non ho ancora finito di leggere “Dinasty”, il nuovo libro del direttore Mario Giordano, che parla del crollo delle dinastie dei potenti: Agnelli, Del Vecchio, De Benedetti, Benetton.
Ma non perché lui ieri mi abbia detto senza mezzi termini: “Prima di leggerlo chiudi il pezzo” (il servizio per Fuori dal coro, trasmissione per cui orgogliosamente lavoro ndr), semmai perché ieri sera, finito di divorare la prefazione, ho tirato un sospiro e ho deciso di prendere una pausa dal resto del libro.
Che leggerò più tardi, visto che il servizio è appena stato consegnato, come ogni mercoledì.
Ma è proprio la prefazione a meritare una riflessione approfondita.
La verità è che non scrivo da due anni e mezzo, ovvero da quando, per circostanze che non sto a raccontare perché vi annoierei, sono stata costretta, mio malgrado, a seppellire la mia penna sotto a una montagna di cose non digerite e ingiustizie inenarrabili.
Inutile dirvi che la voglia di rispolverare il mio fuoco sacro del giornalismo era andata a farsi benedire. Che ogni tentativo era andato miseramente fallito, dopo trent’anni di onorata carriera, trascinato dalla rassegnazione. Ebbene, non me ne vorrà il direttore, ma non devo ringraziare lui di aver scoperchiato il vaso della mia ispirazione, ma quella cara e dolce giornalista che si chiamava Carlotta Dessì e che io non ho avuto l’onore di conoscere.
Carlotta è volata via a causa di una rarissima forma di tumore, come scrive Giordano “morendo un giorno di febbraio dopo” essersi occupata “non del suo dolore, ma di un regalo da fare”.
Scoprire di avere il cancro è qualcosa che solo chi scopre di avere il cancro può raccontare.
A me lo diagnosticarono nel 2015, me lo dissero mentre salivo in ascensore, al secondo piano del reparto di chirurgia dell’ospedale di Livorno. Così, in maniera decisa e senza sentimenti: “Lei ha un tumore di tipo rarissimo”.
“Quanto mi resta da vivere?”, chiesi al medico di fronte a me.
“Non lo so”, mi rispose.
Io ce l’ho fatta, ho vinto contro il mostro. Mi sono operata una mattina di novembre e il pomeriggio dello stesso giorno sono andata a lavorare, come fosse una giornata normale, qualsiasi. Con i drenaggi ancora attaccati e addosso gli effetti dell’anestesia. Poi le terapie oncologiche, i dolori, l’osteoporosi che non ti dicono che col tempo ti renderà fragili le ossa, le punture ormonali e tutto, proprio tutto quello che ne consegue.
Ma ce l’ho fatta, ringrazio Iddio.
Dopo tutto questo calvario mi sono fatta sette o otto viaggi in Afghanistan, come ai vecchi tempi, poi in Iraq, Kosovo, Libano, Ucraina. La guerra te la porti dentro dopo che l’hai combattuta.
Però la esorcizzi, in qualche modo. La vita ti cambia, ti viene la voglia di ricominciare. Per me è stato così: sono arrivate tante belle esperienze: quattro libri, premi, avventure, pezzi da prima pagina che diventano editoriali e poi la tv e molto altro. Finché. Finché così, sospeso. Finché non sono arrivati quelli che il direttore già nella prefazione definisce “poveracci”.
Ecco, quelli lì, le famiglie potenti. Non quelle di cui parla Mario nello specifico in Dinasty, ma altre famiglie, fatte della stessa pasta, pronte solo ad accaparrarsi tutto, avide di soldi e potere, anche a costo di distruggere le vite altrui. È lì che il mio sogno realizzato di una vita è crollato. Sotto al peso dei soliti noti che per dirla alla Lucio Corsi, è “gente che non sogna”.
Ecco perché questo libro va letto, perché non è solo un libro con una bella prefazione, ma un volume che denuncia le miserie dell’animo umano, aprendo le danze con una riflessione più profonda e con la generosità di ricordare di chi, invece, nell’animo aveva solo gentilezza.
Grazie, Carlotta. Anche se sei volata via, hai vinto anche tu questa guerra infame. Perché se in tanti ancora ti amano così tanto, vuol dire che hai seminato bene. A me hai ridato la voglia di scrivere qualcosa.
E grazie a te, direttore, perché in quella prefazione hai dato spazio a Carlotta che, come tutti noi, era una persona semplice, figlia di due genitori normali, ma dal grande coraggio.
Hai reso giustizia alla gente senza una storia apparente, quella che ce la fa da sola e che non ha bisogno di soldi o potere per arrivare da qualche parte. Basta il cuore.
Se il buongiorno si vede dal mattino, il resto del libro non deluderà le aspettative.
Voi, intanto, leggetelo.
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È uscito Dinasty, Il nuovo libro di Mario Giordano






























